Saviano, il clickbaiting e laggente

Fuori piove. Ormai è da più di una settimana. Milano è sott'acqua, la Liguria in ginocchio e ad Alessandria non si dorme.
Chiuso in casa avvio dunque Spotify e ascolto l'ultimo album degli Slipknot, cercando lo Zen nel totale caos ordinato della band che arriva dall'Iowa.



Scorrendo la homepage di Facebook mi sono imbattuto in un post di Roberto Saviano


Roberto mi rimanda dunque al sito de l'Espresso, ad un suo articolo che parla di clickbaiting e utilizzo sbagliato del web.
La questione verte subito sulla qualità e l'originalità dei contenuti, quindi articoli e post, che i publisher fanno sempre più fatica a produrre, vuoi per demenza diffusa e vuoi per l'invecchiamento precoce di cui soffrono le news su internet.
Il giornalista campano spezza subito una lancia in favore di gente come me, i cosiddetti nativi digitali; coloro, cioè, che hanno iniziato ad utilizzare il web e i suoi strumenti fin dalla pre-adolescenza e che con loro sono cresciuti fino all'era dei social network e del mobile.
Eccomi dunque, presente!

Secondo Saviano saremmo noi i migliori utilizzatori del web e i migliori creatori di contenuti, perché conoscendo le dinamiche che lo regolano, concentriamo le nostre energie solo sulla produzione di materiale da condividere su internet.
Sinceramente? Credo che abbia una visione troppo ottimistica di una generazione che fatica a parlare inglese e che su Facebook ancora invita gli amici a giocare a Candy Crush. Comunque.

Sta di fatto che alcuni di noi sono veramente nativi digitali e stanno sfruttando questi mezzi per costruire un futuro.

Il divertimento puro, totale, stupefacente, c'è quando la gente come me guarda ai “guru” [forte risata] della comunicazione web, soprattutto a stampo politico, e al loro lavoro di comunicatori.
Si ride forte perché si vedono dei gran post assolutamente ridicoli, fuorvianti, di bassa qualità e soprattutto falsi. Sono proprio questi ultimi i clickbait di cui parla Saviano: post poeticamente preparati per attirare (bait, in inglese, vuol dire esca) il maggior numero di allocchi e decerebrati sulle pagine di destinazione, spesso apparecchiate per generare degli introiti.

Eccone uno fresco fresco by Movimento Cinque Sberle



Eccone un altro by Libbero, per par condicio



Ora, lasciatemi contestualizzare.
Scrivere un articolo su con un titolo accattivante è una prerogativa positiva dei grandi blogger e dei grandi giornalisti. Non si discute. Stesso discorso per i social network: attirare l'attenzione dell'utente con poche righe non è mai semplice e spesso si ricorre a frasi ad effetto.
Tuttavia, tra essere smart ed essere dei bugiardi seriali c'è una bella differenza. E il bello è che le mandrie di web-zombie (come mi piace chiamare gli idioti che si fanno trascinare a destra e a sinistra da pseudo-blog pieni di pseudo-notizie) questa differenza non sono assolutamente in grado di vederla. Per loro il primo che arriva ha ragione, altrimenti è GOMBLOTTO. Vedasi gli effetti reazionari che ha provocato il servizio di Report sulle oche di Moncler.
E l'altro enorme problema è che queste persone hanno diritto di voto, qualitativamente equivalente al mio. E al vostro.

La frecciata di Saviano è stata molto intelligente, come gran parte dei suoi interventi, per altro. I commenti infuocati de LAGGENTE sotto al suo post ne sono la dimostrazione più palese.
Il buon Roberto avrà perso, a spanne, più di 200 fan con questo intervento. Ma si è guadagnato, di nuovo, la stima di chi ha un cervello funzionante nella scatola cranica.

E voi fate attenzione, il web è grande e soprattutto è ad accesso libero. Si può scrivere tutto e il contrario di tutto. Quindi occhio a cosa leggete.
Vi imbattete in un articolo che titola “Notizia shock: Michael Jackson è ancora vivo e prepara la conquista del mondo con Freddie Mercury”, magari andate a cercare qualche altro articolo che possa provarlo. Prima di condividerlo con i vostri web-zombie amici. Fate i bravi.

Commenti

Post popolari in questo blog

#SBF15: la prima edizione di Slow Brand Festival

Se fossi Dio

La generazione perduta dei populisti d'Europa