Su Facebook ho solo amici stronzi. O forse no?



Eccolo, l'avete trovato.
Finalmente avete pensato allo stato più geniale della storia dell'umanità, neanche quei maledetti geni di Spinoza.it sarebbero mai arrivati a tanto. Lo scrivete, lo correggete, confrontate i sinonimi sul sito della Crusca. È il vostro momento di gloria. Invio.

Nulla.
In confronto il deserto dei Tartari è Times Square a capodanno.
Due like striminziti, dai soliti due cessi ex compagni delle medie. Un buco nell'acqua, insomma.



Perché, se avete 500 amici (spesso solo virtuali, ma questo è un altro capitolo), sono sempre le solite brutte facce ad interagire con voi?
Facebook è una brutta, bruttissima bestia. A differenza di Twitter ed Instagram, che vi fanno vedere qualsiasi post di qualsiasi persona voi seguiate, Facebook agisce seguendo la teoria dell'evoluzione di Darwin: solo i migliori sopravvivono.

Mi spiego meglio.

La newsfeed (home page) di Facebook è generata da un algoritmo che è in grado (in teoria) di selezionare le informazioni più significative e omettere quelle inutili. Ecco perché alcuni “amici”, di quelli che non sentiamo né vediamo mai, sembrano socialmente morti. Chiaramente non è così, perché se andassimo sui loro profili privati ci accorgeremmo che hanno continuato a condividere e scrivere contenuti magari degni del Letterman Show, ma che semplicemente non sono mai arrivati nella nostra newsfeed.

Come fa Facebook a decidere da chi riceviamo gli aggiornamenti?
Easy. Assegna diversi score alle interazioni virtuali: like, commenti, check-in, messaggi privati, tag, e così via. Le persone con le quali siamo più virtualmente attivi hanno accesso privilegiato alla nostra newsfeed e viceversa noi alla loro. Semplice, no?

Come facciamo ad aumentare il successo della nostra attività social?
Anche questo è piuttosto semplice come concetto: bisogna evitare di “bucare”. Cioè, bisogna evitare di fare dei post che cadano nel nulla, di condividere video che non interessano a nessuno e di scrivere degli stati di cui solo noi possiamo capire il significato e che non portano nessun vantaggio ai nostri amici.
  1. Ovviamente è chiaro che se avete il quoziente intellettivo di un blocco di quarzo, neanche un viaggio a Medjugorje potrà fare molto. Perciò la prima parola chiave è qualità
  2. La seconda rischia di essere in antitesi con la prima ed è quantità. Condividere una foto ogni plenilunio di certo non ci farà scalare le classifiche invisibili di Facebook, anzi! Vi spingerà sempre più in fondo, destinandovi all'estinzione social. È fondamentale riuscire a produrre uno stream di contenuti (minchiate, direbbe qualcuno) in modo costante, diciamo tra 5 e 10 alla settimana. Questo, oltre a mantenervi in alto nel ranking dell'algoritmo, vi metterà in luce con lo stesso Facebook, che vi suggerirà volentieri a nuove persone che potreste conoscere. Stalker magari, o omicidi seriali. Chissà.
  3. La terza parola chiave è interazione: se volete essere “cagati”, dovete prestare attenzione ai contenuti (o minchiate, again) delle altre persone. Commentare e piazzare like in giro tra i post degli amici è sicuramente uno dei migliori modi per tenersi attivi e farsi vedere. 
  4. La quarta ed ultima parola chiave è timing. Piuttosto scontato, se ci pensiamo. Se condividiamo una canzone alle 5 del mattino, anche fosse Walk dei Pantera, quante possibilità abbiamo che ci sia qualcuno pronto ad accogliere il nostro suggerimento? Gli orari più consigliati per condividere dei contenuti variano leggermente a seconda dei giorni della settimana, ma i momenti più redditizi sono quelli serali a partire dalle 16 fino alle 21 circa.

Il risultato non è immediato. Per fregare l'algoritmo di Facebook serve duro lavoro, impegno, e qualche neurone rimasto attivo dopo l'ultimo concerto all'Alcatraz. Applicatevi costantemente nel tempo e qualcosa inizierà a smuoversi.


Quindi, forse non sono i vostri amici ad essere stronzi, quanto piuttosto voi, che condividete materiale inutile, nel modo sbagliato e al momento sbagliato.


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